IL RAGTIME

Storia di quel ritmo sincopato antenato del jazz 

Anteprima del libro

La Convenzione costituzionale del Mississippi del 1890 trovò la soluzione in una ben congeniata prova di alfabetizzazione: nessuna persona poteva votare se non fosse stata capace di leggere ogni paragrafo della Costituzione nazionale qualora gli fosse stata sottoposta, o di interpretarne il significato se gli veniva letta. In questo clima sociale e politico il popolo colored partorì un nuovo linguaggio musicale, un nuovo modo di lottare contro le ingiustizie, una soluzione a tutti i problemi: il ragtime!

Il ragtime parve indiscutibilmente una novità nel mondo musicale di quei tempi. L'America l'accettò immediatamente fin nel profondo del cuore: fu un amore a prima vista. Seguendo l'America, dopo pochi mesi, anche l'Europa si piegò al fascino di questa musica fortemente sincopata. Quando la prima partitura rag apparve nel 1897, non ci fu bisogno di nessuna operazione pubblicitaria per propagandare questo tipo di musica. Il ragtime si rivelò il suono più allegro ed eccitante che fosse mai stato ascoltato: la sua definizione più semplice risultava quella di musica spontanea. Il ragtime era estroverso, pieno di energia come un monello americano.

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PREFAZIONE (stralcio)

Amiri Baraka (Leroi Jones)

Il ritmo sincopato, la polifonia, gli accenti spostati, co­si come l'alterazione delle qualità timbriche e gli effetti di vibrato, della musica africana servirono a trasformare in 'spiritual' neri molti 'inni bianchi'. La scala penta­tonica dell'inno bianco subì quelle 'aberrazioni' che i primi musicologi considerarono caratteristiche della mu­sica africana; anche accordi e note furono smorzati e di­minuiti di un semitono. L'incontro fra le due musiche, l'inno cristiano e lo spiritual nero, che da quello aveva preso le mosse, produsse altresì certi elementi che furono poi usati dalla musica laica. Le prime strumentazioni del jazz di New Orleans pare derivino dall'arrangiamento del­le vocalist che si esibivano nelle prime chiese di colore, le quali hanno servito anche da modello ai riffs e ai breaks della musica jazz a posteriori. Infatti la musica religiosa nera utilizzava gli stessi rags, blue notes e stop times, che avreb­bero avuto, in seguito, grande rilievo nella musica jazz.

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Tutto questo, e molto di più, è riportato con grande competenza nel libro di Gildo De Stefano interamente dedicato al ragtime. Un'opera di grande significato culturale in cui l'autore ha affrontato temi per molti ancora oscuri quali l'honkytonk e lo stride-style, oltre ad un profilo esaustivo sul massimo esponente del genere, Scott Joplin. Si tratta del primo studio, su questo specifico argomento, condotto con estrema serietà, pubblicato in Italia.

POSTFAZIONE (stralcio)

Renzo Arbore

 C'è da dire, in conclusione, che con un sorprendente piglio storico-giornalistico De Stefano, attraverso testimonianze e analisi, ricostruisce in un mirabile collage cronologico, la breve, sfolgorante e drammatica vita di artisti come Scott Joplin, che hanno influenzato tutti i pianisti di jazz. Al tempo stesso ci restituisce un nitido ritratto dell'ambiente in cui Joplin, Lamb, Morton e gli altri vissero e soffrirono: l'America a cavallo tra Otto e Novecento, con i suoi bordelli e locali notturni, sale da gioco e fumerie d'oppio. E sarà proprio tra i luoghi e i personaggi, superando miracolosamente il massacro del tempo e del silenzio, che il ragtime riemerge in modo irresistibile, permeando di sé la struttura stessa del libro

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